Da Padre Lazarus di Parasada (India)
Qui in Gujarat, il 14 marzo il governo ha ordinato la chiusura di tutti gli istituti scolastici. La nostra scuola e il nostro ostello sono stati subito chiusi. I bambini sono andati a casa senza libri, senza aver dato l’esame e senza neanche ben sapere che cosa stesse succedendo al Paese.
Il nostro piccolo Ashish raccontò alla mamma “la febbre chiamata Corona e la tosse sono come un tifone arrivato sul nostro Paese e a tutti è stato chiesto di coprire naso e bocca con il fazzoletto e di lavare le mani
col sapone per non prendere la febbre” Si, senza saperlo, Ashish è riuscito a spiegarlo e questo piccolo virus ha cambiato lo stile di vita del mondo dove ogni famiglia ha trovato tempo per l’altro. L’umanità al suo meglio.

Da Suor Ankita, di Mahugaon (India)
A voi va la nostra grande gratitudine per i sacrifici, il sostegno e l’attenzione verso i nostri alunni anche durante questo periodo e in particolare durante l’isolamento. Grazie al vostro aiuto è stato possibile aiutare tanti bambini e tante famiglie che erano in estremo bisogno.
Nel nostro villaggio, i catechisti, i capi villaggio e i loro aiutanti sono stati strumenti molto importanti per sensibilizzare le persone su come proteggersi e prevenire i contagi e questo l’hanno fatto girando di villaggio in villaggio su tutto il nostro territorio.
Nei villaggi e a scuola ai bambini era stata spiegata la distanza sociale, di restare a casa, di mantenere una buona igiene per sé e per gli altri, l’importanza di proteggersi con mascherina o stoffa, l’importanza di igienizzare le mani lavandole bene con il sapone o con l’igienizzante se disponibile evitando di toccarsi bocca, naso e occhi.

da Padre Binu di Bharawal e Chakarghati (Nepal)
Le scuole sono state chiuse e gli insegnanti, specialmente per le scuole private convittuali come sono chiamate qui in Nepal, sono stati duramente colpiti. Mentre gli insegnanti della scuola pubblica hanno continuato a ricevere regolarmente il proprio stipendio, gli insegnanti delle scuole private si sono ritrovati a dover provvedere a se stessi ma senza salario. È per far fronte a questa situazione abbiamo deciso di avventurarci in un intervento di didattica alternativa con l’obiettivo di tenere i bambini proficuamente impegnati in una sorta di studio regolare e allo stesso tempo raccogliere le rette scolastiche così da poter aiutare i nostri insegnanti a badare ai propri congiunti. 
Le classi nei villaggi, iniziativa in cui ci siamo imbarcati, sono in linea con gli sforzi del governo di fornire una didattica alternativa.
Ne abbiamo parlato con i genitori e con gli studenti i quali si sono mostrati tutti molto entusiasti e desiderosi di riprendere la scuola.
Dal momento che l’edificio scolastico non può essere utilizzato abbiamo portato le lezioni nel vicinato e nei villaggi. Una ricerca iniziale svolta dai nostri insegnanti ci ha fornito i dati delle aree in cui si trovano principalmente le case dei nostri alunni. Fatto questo abbiamo identificato le famiglie che potevano ed erano disposte ad affittarci una stanza per poter fare lezione ai ragazzi. La legge prevede che i gruppi non possano essere di più di 10-12 studenti questo significa che per una classe di 45 alunni avevamo bisogno di avere almeno 4 centri che potessero essere di riferimento per i bambini delle varie zone. A questo punto i ragazzi sono stati indirizzati ai centri più vicini a casa ed è stato fissato un orario per le lezioni. Ogni giorno gli studenti partecipano a due lezioni di 35 minuti l’una e nell’arco della settimana vengono affrontate tutte le principali materie di studio.
È stato deciso che per i bambini più piccoli (dall’asilo alla prima) si sarebbero potute usare le case degli insegnanti, nel caso non fosse stato possibile si sarebbe affittata una stanza. Non è stato facile trovare stanze adatte e gli affitti si sono rivelati particolarmente alti. Abbiamo anche dovuto assicurarci che fosse disponibile tutto il necessario a partire da luce e ventilazione adeguata, le stuoie per sedersi, acqua potabile e igienizzante per le mani. Gli alunni devono usare la mascherina che però portano da casa. Una volta che tutto era pronto siamo partiti con questa didattica, era il 16 luglio. Ci sono ancora alcuni piccoli spigoli che smusseremo nel tempo per ora siamo felici che i nostri bambini siano tornati sui libri e che i nostri insegnanti siano tornati a lavorare potendo così guadagnare qualcosa per sostenere le proprie famiglie.

da Suor Benita di Noragachi (Sierra Tarahumara, Messico)
A tutti i bambini è stato chiesto di venire periodicamente alla scuola per poter dar loro compiti da svolgere a casa e per poterli aiutare fornendo una dispensa alimentare, questo considerando che moltissime famiglie a causa di questa situazione non riescono ad essere economicamente autosufficienti. Questa contingenza si è prolungata molto, in molti bambini si comincia a notare la perdita di peso e i segni di un’alimentazione non bilanciata e a questo si aggiunge che circa 30% degli alunni non è potuto scendere dai villaggi alla scuola e non abbiamo loro notizie. Alcuni hanno deciso di spostarsi in villaggi lontani per proteggersi dalla malattia per poter iniziare a seminare così da avere poi qualcosa da mangiare. Anche il tempo non è clemente dal momento che non ha piovuto. Per la comunità indigena è stato ed è molto difficile.