Un bambino lavoratore non può studiare

Quest’anno, per la Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, possiamo portare una notizia incoraggiante: negli ultimi anni il numero dei bambini sfruttati nel mondo è diminuito costantemente. Secondo l’ultimo rapporto dell’ILO, Organizzazione Internazionale del Lavoro, dal 2000 al 2012 il numero di bambini lavoratori è sceso da 245 milioni a 168 milioni.

PassolTuttavia, non è certo il caso di gioire, né di ridurre gli sforzi per arrivare all’eliminazione completa del lavoro minorile: dobbiamo ricordare sempre che nel mondo c’è ancora un numero impressionante di bambini (più o meno uno su dieci) costretti a diventare adulti prima del tempo, costretti a rinunciare alla spensieratezza dell’infanzia e a svolgere lavori spesso molto faticosi e pericolosi, che compromettono la loro crescita e mettono a rischio la loro giovane vita. Un bambino lavoratore, inoltre, è un bambino che non può studiare, e un bambino non istruito non potrà mai avere i mezzi e le conoscenze necessarie per uscire dalla propria condizione di sfruttamento.

L’Asia è il continente con il maggior numero di bambini lavoratori al mondo: ben 78 milioni, che corrispondono circa  al 9.3% della popolazione asiatica. In Africa subsahariana i bambini sfruttati sono 59 milioni, ed il tasso in rapporto alla popolazione è molto più alto: 21.4%. Anche in America Latina la piaga del lavoro minorile è più presente che mai: i bambini costretti a lavorare sono 12.505, l’8.8% del totale. Il settore che vede l’impiego del maggior numero di bambini è l’agricoltura, seguita dal settore dei servizi e dall’industria, quasi sempre nell’ambito dell’economia informale.

Negli anni ’90 Iqbal Masih, un bambino di origine pakistana, è diventato il simbolo della lotta contro il lavoro minorile. Iqbal aveva appena 5 anni quando i suoi genitori, oppressi dai debiti e dalla povertà, decisero di venderlo ad un fabbricante di tappeti perché lo facesse lavorare. I soldi guadagnati dal piccolo sarebbero serviti a ripagare tutti i debiti. Le condizioni di lavoro di Iqbal erano a dir poco disumane: costretto a lavorare 12 ore al giorno, legato al suo telaio per evitare che provasse a scappare, per guadagnare un salario insignificante.

Qualche anno dopo, fuori dalla fabbrica, Iqbal conosce  Eshan Ullah Khan, sindacalista a capo del BLLF, il Fronte di Liberazione dal Lavoro Forzato. Quest’incontro cambierà la sua vita e quella di tante altre persone. Il sindacalista parla a Iqbal dei diritti dei bambini e della necessità di porre fine a qualsiasi forma di schiavitù infantile. Iqbal decide di fuggire dalla fabbrica e di raccontare al mondo la sua storia. Dal 1993 si trasforma in un attivista e, facendosi portavoce di tutti i bambini lavoratori del pianeta, arriva a parlare ai più importanti convegni internazionali sul lavoro, iniziando dai paesi asiatici per poi partecipare alle conferenze di Stoccolma e di Boston. Grazie alla sua determinazione, in Pakistan riuscì a far chiudere diverse fabbriche di tappeti, liberando migliaia di bambini-schiavi.

IMG_1774L’avventura del piccolo Iqbal ebbe purtroppo una tragica fine: nel 1995, quando aveva appena 12 anni, venne ucciso da un colpo di fucile mentre correva sulla sua bicicletta. Il suo sacrificio è servito però a lanciare un importante messaggio:

“Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”.

Ed è proprio questo ciò che si propone di fare il Sostegno a Distanza: garantire un’istruzione a tutti i bambini del mondo, perché nessuno di loro debba più essere sfruttato.